L'artiglieria antiaerea sta tornando ad essere un'alternativa credibile?
L’artiglieria antiaerea, di tutti i calibri, sta tornando in prima linea per affrontare minacce che i soli missili non possono affrontare, come i droni e gli sciami di droni.
Durante la guerra del Vietnam le forze armate americane persero quasi 3.750 aerei e 5.600 elicotteri. Se i caccia e i missili del Vietnam del Nord hanno giocato un ruolo determinante, insieme hanno abbattuto solo il 15% degli aerei perduti dagli Stati Uniti, mentre gli incidenti hanno rappresentato il 25% delle perdite registrate.
Il restante 60% proveniva dall'artiglieria antiaerea del Vietnam del Nord, che rappresentava la più grande minaccia per gli aerei americani durante la guerra. Poco costose da acquistare e relativamente semplici da usare, le batterie antiaeree sovietiche e cinesi utilizzate dal solo Vietnam del Nord hanno abbattuto il 45% degli aerei da combattimento e il 70% degli elicotteri persi in combattimento dagli Stati Uniti durante questo conflitto.
Tuttavia, alla fine di questo conflitto, la priorità fu data alla progettazione di sistemi antiaerei basati su missili, considerati più efficienti e precisi dell'artiglieria antiaerea, anche grazie all'eccellente tenuta dei sistemi antiaerei egiziani SA-6 durante la guerra dello Yom Kippur nel 1973, un nuovo sistema di fabbricazione sovietica, mobile ed efficiente, in grado di intercettare aerei operanti a media e alta quota entro un raggio di 30 km, e che pose notevoli problemi e numerose perdite all'aviazione israeliana forza durante i primi giorni del conflitto.
Infatti, durante gli anni '70, sia gli americani che i sovietici si impegnarono in una corsa per sviluppare questo tipo di armi, con la comparsa del Patriot e dell'SM-2 oltreoceano, e dell'S-300 e del Buk sul versante sovietico. Allo stesso tempo, il numero di sistemi di artiglieria dedicati alla difesa antiaerea diminuì rapidamente, a favore di questi sistemi a lungo raggio e di sistemi a corto raggio come il franco-tedesco Roland e il sovietico SA-8 Osa.
Come sempre nella competizione tra lancia e scudo, mentre i missili antiaerei diventavano sempre più efficienti, le forze aeree dotavano i propri aerei di capacità per contrastare questi sistemi, siano essi esche, sistemi di disturbo, volo a bassissima quota e ad alta velocità, e persino la furtività, nonché i mezzi per superare i potenti radar che controllano questi sistemi.
Soprattutto, a partire dagli anni ’90, le cosiddette armi aria-terra “stand-off” sono apparse in grado di essere sganciate da un aereo da combattimento da una distanza di sicurezza, cioè fuori dalla portata dei sistemi antiaerei, per colpire il suo bersaglio. In effetti, l’equilibrio di potere si è evoluto nuovamente, con armi a distanza difficili da intercettare per i missili antiaerei, e talvolta anche meno costose dei missili lanciati contro di loro.
Con la comparsa dei droni e dei razzi guidati negli anni 2000, il problema è peggiorato, al punto che il missile non era più considerato la risposta assoluta e definitiva alle minacce aeree.
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