Per i droni da combattimento cooperativo, le sfide tecnologiche e operative sono nella scala dei benefici attesi

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Per gran parte dell’opinione pubblica, tra cui molti militari, il futuro dei droni da combattimento è parte di un’evoluzione lineare in corso da circa quarant’anni. È vero che durante questo periodo i droni hanno sostanzialmente guadagnato in capacità con maggiore autonomia, velocità e capacità di carico e con sensori ed effettori sempre più efficienti. Ed è chiaro che le ultime versioni del Reaper hanno poco a che fare con la prima versione del Predator, e ancor meno con i droni leggeri utilizzati dall’IDF nel 1982 in Siria per localizzare i siti DCA. Tuttavia, gli sviluppi futuri dei droni da combattimento, in particolare l’arrivo di sistemi di combattimento cooperativi come gli European Remote Carriers o gli American Loyal Wingmen, richiedono sviluppi tecnologici, dottrinali e di capacità che sono del tutto sproporzionati rispetto a quanto fatto in precedenza in maniera lineare in passato. . E secondo l'Istituto Mitchell, che ha presentato al Pentagono uno studio di 40 pagine sull'argomento, i progressi tecnologici e operativi necessari per realizzare questo passo sono commisurati ai benefici attesi dall'aeronautica americana e da tutti gli eserciti occidentali.

Ricordiamo che per l’aeronautica americana, la progettazione di droni da combattimento cooperativi di nuova generazione, destinati ad evolversi insieme e a vantaggio degli aerei da combattimento di nuova generazione come l’F-35A e il futuro NGAD, rappresenta un pilastro della capacità strategica da sviluppare in grado di far fronte, in futuro, all’aumento di potere delle forze aeree cinesi, come nel caso della Marina americana per quanto riguarda la sua futura flotta di navi autonome. Nella visione proposta da Franck Kendall, attuale segretario dell'Aeronautica Militare, questi droni consentiranno infatti di estendere le capacità di rilevamento e ingaggio degli aerei pilotati, nonché di proteggere gli aerei e gli equipaggi, se necessario, in modo da aumentarne l'efficacia. , anche in inferiorità numerica. Per raggiungere questo obiettivo, l’aeronautica americana, attraverso il suo laboratorio di ricerca e in collaborazione con la DARPA e i produttori, ha compiuto uno sforzo significativo per diversi anni, sia per sviluppare modelli di droni che soddisfino le esigenze future, ma anche per progettare progetti di pilotaggio e cooperazione guidati dall’intelligenza artificiale. sistemi per controllare questi velivoli senza pilota.

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Le tecnologie previste dall’aeronautica americana per tenere sotto controllo la potenza aerea cinese sono ancora in fase di sviluppo e alcune, come i droni da combattimento cooperativi, sono ancora lontane dall’essere operative.

Tuttavia, per il Mitchell Institute, il piano è lungi dall’essere in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati dall’aeronautica americana. Secondo il Think Tank americano, infatti, le principali problematiche e difficoltà che questi programmi si troveranno ad affrontare non si basano sulle prestazioni o sulle capacità di combattimento di questi nuovi droni, su cui oggi spesso focalizzano l’attenzione dei media e dei decisori politici, ma sulla loro capacità di agire e interagire con gli aeromobili pilotati e soprattutto con i loro equipaggi, anche in un contesto operativo molto dinamico e intenso. Tuttavia, questa capacità porta con sé numerose difficoltà tutt’oggi non risolte, e talvolta anche poco comprese dai progettisti di questi programmi. Pertanto, l’arrivo di questi sistemi autonomi aumenterà considerevolmente il carico di lavoro degli equipaggi, al punto da creare un divario paragonabile a quello avvenuto durante il passaggio dagli aerei da combattimento di seconda generazione a quelli di terza generazione, con l’aggiunta di numerosi sistemi di rilevamento sistemi come radar e di comunicazione, nonché nuovi sistemi d’arma, sovraccaricando notevolmente il lavoro degli equipaggi, al punto da doverlo, come nel caso dell’F-4 Phantom, dell’F-14 Tomcat e dell’F-111 Ardvaark , aggiungere un membro dell'equipaggio che si occupi specificatamente di questi nuovi sistemi, dando vita ad una nuova specialità, quella di Ufficiale dei sistemi d'arma o OSA.

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