Quando si presenta un carro armato da combattimento, o un sistema di artiglieria, è comune evidenziare il funzionamento del suo sistema di caricamento automatico che gli conferisce un'elevata cadenza di fuoco, qui il sistema di mira o puntamento di nuova generazione che offre una maggiore precisione, anche le munizioni stesse, capaci di perforare la migliore armatura o di colpire con precisione il bersaglio a diverse decine di chilometri.
Eppure uno dei componenti più avanzati e complessi da progettare e costruire di questi sistemi d'arma non è altro che il tubo di artiglieria stesso.
Infatti, quanto più efficienti sono gli impianti di artiglieria, sia che si tratti di tiro diretto come per i carri armati, o di tiro a campana per obici e cannoni d'artiglieria, tanto più devono sopportare sollecitazioni termiche e meccaniche elevate, una realtà alla quale i team americani che lavorano al programma ERCA stanno ora affrontando difficoltà.
Infatti, la progettazione e la realizzazione di un tubo d'artiglieria richiede competenze e know-how altamente tecnologici, sia in termini di metallurgia che di ingegneria. E come tutte le tecnologie e il know-how avanzati, è essenziale che i produttori che li possiedono esercitino e sviluppino le proprie capacità per mantenerli operativi.
Questa dura regola è stata appena invitata sulla scena pubblica oltremanica. In effetti, mentre Londra inviava in Ucraina carri armati Challenger 2 e sistemi di artiglieria AS90 da 155 mm per supportare la controffensiva ucraina in corso, sembrava che l'esercito britannico avrebbe dovuto cannibalizzare i propri carri armati e sistemi di artiglieria rimanenti, quando si trattava di sostituzione dei tubi di queste due apparecchiature in Ucraina. In effetti, l'industria britannica non ha più la competenza per produrre nuovi tubi di artiglieria oltre i piccoli calibri.
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